Documento del 6 novembre 2000

Intervento inviato da ALCEI al Comitato Esperti Internet della Presidenza del Consiglio dei Ministri in occasione della giornata di lavoro
“Internet, quale futuro per l’Italia” – Aula Convegni del CNR – Piazzale Aldo Moro – Roma – 6 Novembre 2000

Temi proposti

1. “Internet governance” in Italia e nel mondo

Quale significato si ritiene debba essere attribuito al termine “internet governance”?

Innanzi tutto è bene risolvere un’ambiguità di fondo: il termine “governance” non significa “governo” nel senso di “regolamentazione” o “controlli” di natura statuale. Ma si riferisce all’insieme degli organismi (ad esempio l’IETF) e dei protocolli di lavoro (come il sistema degli RFC) che consentono il funzionamento della rete. Ciò premesso, va anche detto che almeno a partire dalla creazione dell’ICANN è iniziato un processo di “mutazione genetica” che porta a sovrapposizioni sempre pi consistenti – spesso non dichiarate – fra organismi tecnici e interessi economici prima che politici. Che insorgesse un fenomeno di questo genere era, probabilmente, inevitabile. Ma ne deriva la necessità di intendere “governance” anche come difesa della libertà e della trasparenza della rete contro ogni condizionamento e manipolazione. Non solo da parte di interessi economici ma anche nei confronti di interessi politici e di governi nazionali (occorre ricordare che in molti paesi esistono forti limitazioni della libertà di opinione che si traducono anche in repressioni sull’uso della rete, con conseguenze spesso difficili nei rapporti internazionali).

Quale rappresentanza della comunità Internet si ritiene debba avere voce in capitolo sulla “internet governance” in Italia?

C’è una tendenza a considerare “rappresentanti della comunità internet” organizzazioni pubbliche e private che invece rappresentano interessi specifici di categoria. Ci sembra ragionevole che debba avere “voce in capitolo” ALCEI, l’unica associazione italiana che dal 1994 si impegna su questi argomenti dal punto di vista dei cittadini e della società civile ed è totalmente indipendente da ogni legame con interessi politici o economici.

Quale ruolo si ritiene debbano svolgere le strutture globali che sovrintendono alla gestione ed allo sviluppo dell’ internet (ICANN, ISOC, WIPO e gruppi tecnici correlati)?

La trasformazione strutturale cui si accennava rispondendo al primo punto è evidente anche nel testo di questa domanda. La WIPO non è affatto un “componente storico” della nascita e del funzionamento della rete. Ciò non ostante, viene considerata un “organismo di gestione” della stessa, quando in realtà la “missione” della la WIPO non ha alcunchE’ a che fare con le origini e il funzionamento della rete, ma è la tutela di una certa visione della “proprietà intellettuale” (interpretata secondo gli interessi delle grandi imprese produttrici di software, musica, spettacolo eccetera). Come dimostra il fatto che WIPO non ha detto praticamente nulla in materia di tutela dei modelli di sviluppo basati su criteri di Open Source. Quello di WIPO è solo un esempio di come interessi particolari sostenuti da organizza zioni dotate di risorse e potere possano orientare lo sviluppo della rete in modo parziale e “di bottega”. » dunque fondamentale che vengano adottate tutte le misure possibili per (cercare di) garantire una “controspinta” alle pressioni di interessi di settore.

Il livello di informazione su tali strutture è da considerarsi sufficiente?

No, e questo è uno dei motivi per i quali è loro possibile agire con una certa “disinvoltura”.

Quale ruolo si ritiene debba svolgere il Governo nel seguire tali strutture?

Bisogna distinguere. L’internet ha dei suoi “organismi” che funzionano da sempre e che consentono il funzionamento della rete. Sarebbe un errore “centralizzare” il tutto nelle mani di enti pubblici, commissioni o quant’altro. Mentre sembra auspicabile un “riconoscimento” delle strutture che già da tempo operano sul territorio, fornnendo contemporaneamente un supporto operativo. Il tutto con la partecipazione di rappresentanti istituzionali. Per quanto riguarda la situazione nazionale del governo dell’internet ed in partico lare la rtrazione dei nomi a dominio sotto il “.it”:

Si ritiene che l’architettura attuale, basata su una Registration Authority ed una Naming Authority autonome, sia appropriata?

Il sistema attuale è fortemente discutibile. Premesso che l’assegnazione dei domini, in quanto “attività di numerazione” ancorchè atipica, dovrebbe essere strutturata sulla base degli equivalenti organismi tecnici (ISO, ETSI) e dotata di adeguata “cornice normativa”, va detto che la situazione attuale non è delle migliori. Le attuali “regole di naming” – la cui natura giuridica è stata messa in discussione fin dal 1997 – sono un blocco indifferenziato di principi tecnici, elementi contrattuali e orientamenti politici. Totalmente al di fuori della loro funzione primigenia. Tutto questo è il riflesso della scelta non condivisibile di separare il “Registro” dal “Policy body”, quando sarebbe pi corretto avere un organismo unico che deleghi ad un gruppo costituito anche di soggetti operanti (sul serio) in rete – aziende, utenti, istituzioni – la predisposizione degli elementi contrattuali legati all’assegnazione dei domini.

Quali regole, nuove o diverse da quelle attuali, si suggerisce debbano essere messe in atto per la registrazione dei domini sotto il “.it”?

Già a a partire dal 1997 la giurisprudenza ha individuato il corpus normativo da applicare alla registrazione dei nomi a dominio. Che è costituito dalle norme in materia di tutela dei segni distintivi, da quelle a tutela della concorrenza, dalla legge sul diritto d’autore. Anche la disciplina del diritto al nome e quella sul trattamento dei dati personali trovano evidente applicazione anche al caso di specie. Con ciò rendendo inutile l’emanazione di norme sostanziali per disciplinare un settore già ampiamente normato Sotto il profilo processuale, invece, le cose sono differenti. Il problema fondamentale in materia di controversie sull’assegnazione dei nomi a dominio è quello dei lunghi tempi richiesti per ottenere una decisione, se questa è affidata alla magistratura ordinaria. Le attuali soluzioni adottate in Italia, basate su fantomatici “enti conduttori” che si dovrebbero sostituire ai tribunali con una specie di simil-arbitrato irrituale, non garantiscono, in alcuni casi, trasparenza, affidabilità e certezza. Per questo motivo, adottato – per quanto possibile – il modello statunitense basato sull’immediata attribuzione del dominio, senza entrare nel merito delle registrazioni, si potrebbe pensare ad una soluzione alternativa. Basata sulla devoluzione delle controversie sulla titolarità di un nome a dominio, alla competenza del Tribunale ordinario che dovrebbe poter decidere con una procedura snella e rapida. Parallelamente, dovrebbe essere stabilita una sanzione enomica – sul modello della “lite termeraria” prevista dal codice di procedura civile – dei reclami “strumentali” compiuti al solo scopo di danneggiare l’assegnatario di un nome a dominio. Infine, sembrerebbe opportuna la definizione di un protocollo per l’armonizzazione dei nomi delle pubbliche amministrazioni e degli organi istituzionali e riserva dei relativi nomi agli organi suddetti. Queste brevi note non esauriscono il complesso tema della gestione dei nomi a dominio, ma sono sicuramente il “minimo sindacale” per non paralizzare un settore importante del business on line.

2. Infrastrutture di rete e sviluppo dell’internet in Italia

Quali sono le azioni più significative che dovrebbero essere compiute (e da chi?) per rendere l’infrastruttura attualmente utilizzata dalla rete Internet in Italia più efficiente in termini di banda disponibile e di qualità del servizio?

Il problema della “banda disponibile” sembra essere il meno rilevante, dati i miglioramenti già avvenuti e i molteplici investimenti in corso. Semmai si tratta di scoraggiare, per quanto possibile, il moltiplicassi di inutili sovraccarichi che tendono a intasare inutilmente la rete; e di fare in modo che quei servizi e rapporti (in particolare fra imprese o organizzazioni che devono scamb iarsi quantità rilevanti di dati) avvenga per canali diretti e reti ad hoc, cosà evitando di ingombrare la “banda disponibile” per uso generalizzato. Questa è una tendenza già in atto su scala mondiale (e anche in Italia). Si tratta di capire se sono opportuni o necessari interventi per incoraggiarla o se è sufficiente fare in modo che ne prendano coscienza quelle organizzazioni che finora non ne hanno sufficientemente tenuto conto. Assai pi grave è il problema della qualità del servizio, spesso molto carente; ma questo richiede una pi diffusa coscienza della necessità di aver maggior cura delle reali esigenze delle persone e della necessità di adattare le tecnologie alle esigenze umane (non viceversa).

La situazione tariffaria in relazione all’internet è appropriata o crea degli squilibri tra i diversi operatorià In questo caso, quali misure si suggerisce vengano adottate?
La situazione tariffaria (per la telefonia oltre che per i sistemi di rete) è in preda a un imperversante “confusipolio” che rende incomprensibili tariffe e costi. Sarebbe opportuno fare chiarezza e cosà arrivare in modo pi trasparente ed efficiente a una notevole e sostanziale riduzione dei costi – per le imprese e per le persone. Oltre alle tariffe, anche i costi di hardware e software sono smisuratamente accresciuti dalla “falsa esigenza” di macchine e programmi inutilmente complessi e costosi.

Si prevede che l’introduzione dei nuovi servizi multimediali (voce su IP, VoD, etc.) possa avere un impatto sulle infrastrutture oggi utilizzateà Quali si ritiene debbano essere le azioni da intraprendere per fronteggiare tale impatto?

In gran parte i cosiddetti “servizi multimediali” non hanno alcuna utilità reale e soddisfano solo la “logica delle apparenze” o del “sovraccarico tecnologico”. Se si devono potenziare le infrastrutture è meglio farlo solo per quei servizi che hanno una reale e verificata utilità.

Si prevede che l’evoluzione delle tecnologie wireless possa avere un impatto sull’internetà Quali si ritiene debbano essere le azioni da intraprendere per fronteggiare tale impatto?

I sistemi wireless hanno e avranno un importante sviluppo, ma per quanto riguarda la struttura dell’internet non è particolarmente rilevante se e quali parti del percorso siano “via cavo” o “via etere”. La tendenza di medio-lungo periodo è verso un sistema seamless in cui si integrano i sistemi wired e wireless. Molte delle tecnologie oggi in uso sono solo “fasi di passaggio” verso un sistema integrato che è l’unica soluzione ragionevole come punto di arrivo. In questa prospettiva sono molto meno rilevanti di quanto possano sembrare le “integrazioni” fra l’internet e gli attuali sistemi di telefonia cellulare (fortemente proposte solo perchE’ offrono, nell’attuale situazione tariffaria, sostanziosi maggiori profitti alle compagnie telefoniche e alle altre imprese che guadagnano sulle interconnessioni).

3. L’internet come opportunità italiana dell'”Information and Communication Technology”

Quali azioni si ritiene debbano essere intraprese dal Governo per favorire lo sviluppo delle aziende fornitrici di apparati, sistemi o servizi basati sulle tecnologie della rete Internet?;

Innanzi tuttto liberarle dal giogo di monopoli stranieri che sono incriminati nel loro paese d’origine ma stranamente accettati e favoriti in Europa.

Che tipi e che livelli di formazione favorire lo sviluppo di tali aziende?

Un’evoluzione culturale che non si limiti a una “alfabetizzazione” tecnica ma sviluppi assai pi forti capacità di concepire tecnologie e servizi dal punto di vista di chi li deve utilizzare. In stretta relazione con questo criterio, lo sviluppo di una pi forte competitività non solo per il mercato italiano ma anche all’esportazione.

Quali attori si ritiene debbano essere coinvolti nelle azioni di formazione, nel settore privato e nel settore pubblico?

La risposta a questa domanda presuppone sapere il “cosa” si deva andare ad insegnare. Il che implica la necessità di effettuare una scela di campo essenziale in ordine al futuro assetto del settore pubblico, rispetto alle tecnologie da adottare. Che dovrebbero essere – quando si parla di governo e pubblica amministrazione – esclusivamente basate sul modello Open Source (come già Francia e Germania stanno cominciando a fare) E’ dunque fondamentale “formare i formatori” non solo e non tanto dal punto di vista tecnico, ma da quello culturale. In questa direzione, gli interlocutori devono essere anche quelle parti della società civile che operano continuamente e concretamente in questo settore.

Quale si ritiene debba essere, nel nostro Paese, il ruolo della ricerca di base portata avanti nelle Università e nei centri di ricerca pubblici per la promozione dello sviluppo dell’industria elettronica / informatica / telecomunicazioni?;

Il ruolo della ricerca di base e delle università è fondamentale. Ma perchE’ le nostre università e laboratori di ricerca (e con loro le nostre imprese del settore) possano dare un contributo pi attivo è necessario (a) liberarle dal giogo delle tecnologi e imperanti e (b) operare un sostanziale “salto in avanti” con tecnologie orientate alla reale utilità e alle esigenze d’uso delle persone, cosà portandosi in una posizione avanzata rispetto alo sviluppo deviato ancora dominante nelle tecnologie in tutto il mondo. Una “rivoluzione copernicana” di questo genere non è facile, ma se attuata potrebbe portare l’Italia da una posizione di estrema arretratezza a essere una delle punte avanzate dell’evoluzione tecnologica.

4. l’internet come necessità per le imprese dell’industria, del commercio, dell’artigianato e dei servizi (e-business)

Quali azioni si ritiene debbano essere intraprese dal Governo per favorire l’innovazione tecnologica del sistema produttivo nazionale, con particolare riferimento all’e-business?

Occorre favorire non solo l’innovazione tecnologica ma anche una forte cultura di servizio e di comunicazione (oggi molto carente). Il Governo dovrebbe innanzitutto dare “il buon esempio” portando avanti una forte ristrutturazione della Pubblica Amministrazione e di tutti i servizi pubblici (anche quelli gestiti da privati o da “aziende pubbliche” riorganizzate come imprese).

Le iniziative di alfabetizzazione dell’utenza internet esistente e potenziale sono da considerarsi sufficientià Quali ulteriori azioni dovrebbero essere promosse?

Le iniziative di “alfabetizzazione” si moltiplicano ma (a) tendono a essere solo e banalmente tecniche e (b) rinforzano le posizioni dei monopoli dominanti. Occorre una presa di coscienza molto pi forte nell’area della comunicazione e delle relazioni umane (che sono il vero tessuto dell’internet) e molta pi attenzione a soluzioni opensource, alla trasparenza e alla compatibilità.

Quali sono i principali ostacoli che rallentano l’evoluzione dell’e-business in Italia (p. es., sicurezza, diffidenza dell’utenza sull’utilizzo dei nuovi media, mancanza di offerta professionale per lo sviluppo di applicativi e per il supporto, altro)à Quali azioni di incentivazione potrebbero essere intraprese dal governo?

Il principale ostacolo è l’impreparazione delle imprese (grandi, medie e piccole) con un forte disorientamento provocato da troppe promesse irrealizzabili, troppe speculazioni di breve periodo, troppa enfasi sulle applicazioni (“siti web”) a scapito delle strategie d’impresa e dei valori di servizio – e dall’imperversante offerta di panacee, soluzioni standardizzate e applicazioni tecniche che non hanno alcuna utilità in assenza di una chiara strategia e competenza nell’uso dei nuovi sistemi di comunicazione. Occorre una magg iore diffusione di conoscenze sui valori e sulle utilità reali della rete. Se si dovessero dare incentivi, sarebbe preferibile concentrarli sulle attività rivolte all’esportazione (oltre il 98 % del “mercato” internet è fuori dai nostri confini).

5. Libertà e controllo sull’internet

Quali attività dovrebbero essere effettuate da autorità incaricate del controllo da parte del governo e quali attività dovrebbero invece essere lasciate all’autocontrollo degli utilizzatori della rete?

La principale attività di competenza governativa è quella della formazione delle forze dell’ordine. Gran parte degli atti processuali delle indagini penali che in qualche modo coinvolgono la rete evidenziano indiscutibilmente ancora una scarsa preparazione degli operatori. Che continuano, ad esempio, a sequestrare indiscriminatamente interi computer, casse audio, monitor, stampanti e mouse invece – come pure due recenti decisioni dei Tribunali di Torino e Venezia hanno stabilito – di effettuare una semplice copia dell’hard-disk. O che fondano indagini su elementi – come i log di accesso – privi di qualsiasi valore e acquisiti senza nessuna forma di documentazione delle attività svolte. Privando cosà l’indagato del diritto di difendersi. Ulteriore compito del governo dovrebbe essere quello di arginare il devastante tracimare delle lobby che – come dimostra la recente modifica alla legge sul diritto d’autore – in nome della protezione di interessi privati istituisce un regime di “pentitismo”, scheda presso le questure chi lavore legittimamente con opere dell’ingegno e impone, anche a chi non ne fa parte e non vuole un certo tipo di “tutela”, l’apposizione del famigerato “bollino SIAE”. In altri termini, lo scopo dell’attività governativa dovrebbe essere orientato alla vera tutela degli interessi collettivi e al rigetto di qualsiasi tentativo (occulto o palese) di imporre “censure di stato” e responsabilità penale oggettiva per i fornitori di servizi.

Quali strumenti tecnici sono disponibili per tale autocontrollo qual è l’efficacia di tali strumenti (in particolare, per esempio, per quanto riguarda la protezione dell’uso improprio dell’internet da parte dei minori)?

L’unico strumento davvero utile per la “protezione dei minori” è una migliore preparazione di genitori e educatori che seguano con maggiore attenzione l’attività degli adolescenti online. Finora la presenza di bambini piccoli in rete è minima ed è improbabile che cresca se non per un eventuale uso della rete nelle scuole. Anche gli adolescenti negli anni scorsi erano pochissimi, ma ora il numero sta aumentando. L ‘introduzione di “filtri” o “tate elettroniche” di varia specie è inutile e pericolosa, perchè può avere l’effetto contrario – e perchè inevitabilmente conduce a forme di censura e di arbitrario controllo culturale. Nulla può sostituire l’impegno cosciente e la continua attenzione delle famiglie e degli educatori.

Si ritiene che dovrebbe essere introdotto un parametro di qualità sulle informazioni distribuite via webà In caso affermativo quali misure si potrebbero suggerire?

Pensiamo che ogni iniziativa del genere sarebbe una sciagura. Non solo è impossibile controllare i contenuti dell a rete (ogni giorno c’è ve pagine nella world wide web) ma ogni “parametro di qualità sui contenuti” soffrirebbe inevitabilmente delle distorsioni culturali (o degli interessi privati) di chi lo concepisce e lo applica. Possono essere accettabili funzioni di orientamento (intese a consigliare, non a “vietare” o a “misurare”) a condizione che l’identità (culturale, filosofica economica, politica) di chi esprime quei “consigli” sia ben chiara e trasparente – e che a tutti sia lasciata la libera scelta di accettarli o no.

Come dovrebbero essere armonizzate la tutela della riservatezza delle informazioni legate all’uso della rete Internet e le esigenze di prevenzio ne e repressione dei crimini telematici?

La soluzione che da sempre ALCEI trova ragionevolmente condivisibile è quella del cosiddetto “anominato protetto”. Se qualcuno intende utilizzare anonimamente i servizi di rete (per partecipare, ad esempio, a gruppi di discussione su problemi di salute o comunque di natura privata, o a dibattiti di natura politica) deve poterlo fare liberamente. Ma a condizione che il provider che gli fornisce il servizio ne conosca l’identità che non deve rivelare a nessuno, eccezion fatta per la magistratura, a fronte di provvedimento motivato. Secondo i principi che – già nella Costituzione – regolano la limitazione della libertà personale da parte dello Stato. Ci può essere un’eccezione nel caso che l’identità di una persona debba essere protetta (per esempio se si tratta di qualcuno che vive in un ambiente dove potrebbe essere soggetto a rappresaglie, o ha una famiglia che potrebbe essere vittima di persecuzione nel suo paese d’origine, o comunque ha il diritto umano e civile di proteggere la sua riservatezza). In questo caso può essere legittimo che la sua identità non venga rivelata neppure agli inquirenti; in questa (e solo in questa) situazione l’eventuale responsabilità deve essere assunta da “terzi”, cioè da chi sceglie volontariamente di diffondere quelle informazioni (od opinioni) e di “farsene carico”. Dall’altro lato, dovrebbero essere concretamente ed efficacemente perseguiti i “trafficanti di dati” e quei soggetti che subdolamente carpiscono la buona fede degli utenti per effettuare invasive profilazioni. Inutili dal punto di vista delle attività d’impresa ma pericolosissime dalla prospettiva di un “controllo globale”.