Sequestrato un server per un presunto messaggio diffamatorio
Apprendiamo con preoccupazione, sorpresa e indignazione la notizia del sequestro, avvenuto a Bologna il 27 giugno 1998, del server internet di Isole nella Rete (un’associazione no-profit che fornisce spazio e comunicazione a centri sociali, organizzazioni e radio di movimento, associazioni di volontariato sociale) su ordine del Procuratore della Repubblica presso la Pretura di Vicenza, dott. Paolo Pecori, a causa della presenza su quel sito di un messaggio che qualcuno considera diffamatorio.
Se la notizia dovesse trovare conferma in questi termini si tratterebbe di un atto gravissimo che non può passare sotto silenzio. A prescindere infatti dal merito della vicenda, ALCEI non può che ribadire – come fa fin dai tempi dell’Italian Crackdown del 1994 – che il sequestro di un computer (peggio ancora quando si tratta di un server) potrebbe essere ammissibile se si trattasse di una macchina rubata, ma è un inaccettabile quanto inutile abuso quando si è alla ricerca di semplici informazioni (messaggi, file o quant’altro).
Oltre ad essere tecnicamente inutile è un atto gravemente lesivo dei diritti fondamentali della persona (perché in violazione degli artt. 15 e 21 della Costituzione e della Convenzione Universale dei . diritti dell’uomo). Un computer o un server sono di per sé neutri e privi di qualsiasi specificità criminale, per cui nulla può legittimarne il sequestro, specie perché cosଠfacendo si ledono i diritti di tutti gli altri utenti (persone e organizzazioni) estranei alle indagini o comunque non coinvolti nella vicenda.
Atti come questo sequestro (dove sarebbe bastato fare una copia del messaggio incriminato, o al massimo – con la riserva che ogni atto di censura è di per sè un arbitrio – chiederne la rimozione “cautelativa” dal sito) sono chiari tentativi di introdurre surrettiziamente il concetto di responsabilità oggettiva del provider, altra posizione che ALCEI da sempre combatte decisamente.
ALCEI esprime disappunto e profonda preoccupazione per l’ennesimo caso di mancanza di sensibilità e preparazione dei soggetti istituzionali che hanno consentito questo abuso e auspica che fatti del genere non abbiano più a ripetersi in futuro.