Comunicato ALCEI del 31 marzo 1995

“Centinaia di innocenti legati, bendati e imbavagliati dalla polizia”

Dove avvengono, queste cose? Non in un remoto regime schiavista. Ma nella libera, civile, democratica Italia: ogni volta che si indaga su qualcuno che usa un computer.

ALCEI (associazione per la libertà  nella comunicazione elettronica interattiva) vuole richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica, come della magistratura e di chi definisce le norme di comportamento delle forze di polizia, su una grave e costante violazione dei diritti civili.

Perchè è una violazione dei diritti civili

Sequestrare un computer per conoscerne il contenuto è un provvedimento illegittimo, repressivo, che lede i diritti fondamentali dei cittadini.  E’ anche un provvedimento tecnicamente e giuridicamente inutile.

Eppure questa pratica è seguita abitualmente dalla magistratura e dalle forze di polizia in Italia.

Di quali orribili delitti sono sospettate le persone o le imprese assoggettate a questo sopruso? Nella maggior parte dei casi, si tratta di meri problemi commerciali: presunto o reale possesso, talvolta vendita, di software non registrato. Cioè presunte violazioni non più gravi del possesso di una cassetta musicale copiata da un disco.

In alcuni casi (per molti aspetti, ancora più sconcertanti) si tratta di ipotetici reati di opinione.

In generale dopo lo svolgimento dell’inchiesta le macchine vengono restituite; ma solo dopo che, senza alcun motivo, si è recato un danno grave non solo chi usa le macchine sequestrate ma anche ad altre persone non coinvolte nell’indagine.

La tendenza non è cambiata. Ancora oggi, senza alcun reale motivo, centinaia di cittadini innocenti vengono privati delle loro essenziali libertà ; e spesso di strumenti di sopravvivenza.

Perché è un sopruso

Privare una persona, un’impresa, o una libera organizzazione senza fini di lucro, dell’uso del computer vuol dire privarla della possibilità  di comunicare, di lavorare, di svolgere la sua normale attività .

Queste operazioni ledono il diritto degli innocenti.

Non solo perché chi è sottoposto ad un’indagine è innocente finché la colpa non è provata. Ma anche perché vengono coinvolte persone che non sono neppure sospettate.

Sequestrare un nodo di comunicazione, cui accedono centinaia o migliaia di persone, vuol dire privare ognuna di quelle persone della sua casella postale, dei suoi sistemi di comunicazione personale, di lavoro o di studio. Un danno enorme – ed assolutamente inutile.

Perché è inutile

Chiunque abbia un minimo di preparazione tecnica sa che basta fare una copia del disco rigido di un computer per entrare in possesso, con assoluta certezza, di tutto ciò che la memoria contiene. Porre sotto sequestro la macchina è assolutamente inutile.

Questo concetto è chiaro ad alcuni magistrati, che dispongono l’acquisizione della copia anziché il sequestro della macchina; ma purtroppo non è compreso da molti altri.

Perché è illegittimo

Non solo privare una persona di una sostanziale possibilità  di sopravvivenza e comunicazione è una palese violazione dei diritti civili. Ma è anche una violazione delle leggi fondamentali della Repubblica Italiana e della comunità  internazionale.

Violazione di cinque articoli della Costituzione:
– art.4 – Diritto al lavoro.

– art.14 – Inviolabilità  del domicilio (il concetto di domicilio informatico è definito dalla legge sui computer crime)

– art.15 – Libertà  e segretezza della corrispondenza (su un computer spesso si trova, oltre alla corrispondenza di chi lo possiede, anche quella di altri)

– art.35 – Tutela del lavoro

– art.41 – Tutela della libera iniziativa privata.

Violazione della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo (protocollo addizionale):
art.1 – Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei propri beni.

Violazione del codice di procedura penale:
Il sequestro di corrispondenza informatica (che avviene anche a carico di terzi non indagati) è in violazione degli Artt. 254-256-258 c.p.p. che tutelano la corrispondenza privata.

Un primato negativo dell’Italia
L’Italia rappresenta un caso limite mondiale in fatto di sequestri di computer.
Osservatori internazionali hanno constatato che le ondate di sequestri scatenate nel maggio-giugno 1994, in tutta Italia, per iniziativa delle procure di Pesaro e di Torino, non solo superano per dimensioni la famigerata Operation Sundevil condotta negli Stati Uniti nel 1990 (che ha suscitato enormi quanto giustificate proteste) ma qualsiasi altro caso noto di sequestri in qualsiasi altro paese.

Dopo quelle scandalose operazioni, qualcosa è stato corretto? No.
I sequestri continuano, si continuano a coinvolgere centinaia di innocenti. Nuove ondate sono in atto, come quella che pare stia partendo in questi giorni da Cremona…

E’ un complotto?

L’onesta opinione di ALCEI è che non si tratti di una congiura organizzata per distruggere la libertà  telematica.

Ma di un pericolo non meno grave, che non possiamo non chiamare col suo nome: ignoranza.Ignoranza tecnica, ignoranza

giuridica, mancanza di rispetto per i diritti dei cittadini. O colpevole disattenzione.Ignoranza e disattenzione tanto più gravi quanto più si tiene conto della crescente diffusione della telematica in Italia: ogni giorno che passa aumenta il numero degli innocenti cittadini che si servono della comunicazione elettronica per lavoro, studio o corrispondenza personale e possono in qualsiasi momento cadere vittima di un arbitrario sequestro che neppure remotamente li riguarda.

Che fare?

Le soluzioni sono semplici. Basta rispettare le leggi fondamentali, cominciando dalla Costituzione; e basta ricorrere a soluzioni tecniche non complesse, che possono permettere alla magistratura ed alla polizia di svolgere il loro compito con un dispendio enormemente minore di energie (e quindi del denaro dei contribuenti) – e soprattutto con un danno assai minore per la società  civile e per centinaia, o migliaia, di innocenti.

ALCEI è disponibile a fornire, se necessario, la consulenza tecnica che può servire alla magistratura, ed alle forze di polizia, per raggiungere questo doveroso risultato.