Comunicato ALCEI del 7 ottobre 2008

Caso Piratebay. Il tribunale del riesame di Bergamo annulla il sequestro ma fissa dei principi di diritto pericolosi per i diritti civili

Il 16 agosto 2008 ALCEI aveva segnalato al Garante dei dati personali le violazioni di legge contenute nel decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Bergamo.
In quella segnalazione, ALCEI evidenziava:

  • l’estensione sbagliata e strumentale della norma che regola il sequestro preventivo fino a includere anche l’intercettazione di traffico telematico;
  • l’adozione di provvedimenti giudiziari al di fuori della giurisdizione italiana, fondati per di più su nessun concreto reato, ma su ipotesi statistiche formulate su dati privi di valore scientifico;
  • l’abuso della Guardia di finanza di Bergamo che, senza nemmeno l’ordine di un magistrato, ordinava ai fornitori di accesso di indirzzare le richieste di collegamento al sito thepiratebay.org verso un altro sito, localizzato in Inghilterra e gestito da un’associazione afferente all’industria discografica.

In attesa della decisione del Garante dei dati personali (che speriamo arrivi quanto prima), il Tribunale del riesame di Bergamo ha annullato il sequestro disposto dal Giudice per le indagini preliminari con un’ordinanza che – invece di risolvere i problemi che si sono manifestati – ne crea anche di peggiori.

Il Tribunale del riesame di Bergamo, infatti, ha si annullato il sequestro, ma solo sul pressupposto – peraltro già evidenziato da ALCEI – che “sequestro” non equivale a “filtraggio del traffico”. Ma si è ben guardato, come avrebbe dovuto, dal valutare la sussistenza della giurisdizione italiana. Omettendo di decidere, il Tribunale di Bergamo ha creato un pericolosissimo precedente che – sulla base del principio di reciprocità – consente a qualsiasi giudice straniero di mettere sotto processo un cittadino italiano, perchè pur in assenza di prove certe che un reato sia stato commesso, basta un “calcolo statistico”.

Inoltre, confermando la validità dell’impostazione investigativa del pubblico ministero, ha di fatto affermato la responsabilità automatica dei gestori di motori di ricerca e la possibilità di usare, nelle indagini, dati e informazioni privi di riscontri.

Infine, stabilendo che il decreto di sequestro preventivo, pur sbagliato nella forma, è “astrattamente in linea con la previsione degli artt. 14 e ss. D.L.vo 70/03”, da un lato fornisce la “scusa” ai padroni delle idee per invocare l’ennesima modifica repressiva della legge sul diritto d’autore e/o del codice di procedura penale; mentre dall’altro consolida un palese errore di interpretazione della legge, perchè configura sui fornitori di accesso l’obbligo di diventare “sceriffi della rete”.

ALCEI esprime forti preoccupazioni per questo ennesimo provvedimento giudiziario che, lungi dal fornire punti di riferimento chiari per cittadini e imprese, aumenta la confusione e la percezione che in materia di diritto d’autore la legge non sia uguale per tutti.