Una segnalazione inviata al Garante per i dati personali sul caso “piratebay”

Questa è la segnalazione inviata al Garante per la protezione dei dati personali, a seguito delle notizie diffuse sul caso di intercettazione delle richieste di accesso degli utenti a un sito “sequestrato” dal Giudice per le indagini preliminari di Bergamo, che ha interpretato la nozione di “sequestro” in modo estremamente ampio e fortemente discutibile. Il risultato pratico è una seria minaccia per i diritti di cittadini e imprese del tutto estranei alle indagini.

Al Garante per la protezione dei dati personali
Piazza di Monte Citorio n. 121
00186 ROMA

Via fax al numero: 06.69677.785
Via e-mail all’indirizzo: garante@garanteprivacy.it

Oggetto: Segnalazione ex art. 141 c. I lett. b) DLGV 196/03 – procedimento penale n. 3277/08 Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo – Ord. GIP Tribunale di Bergamo 1 agosto 2008 – possibile trattamento illecito di dati personali a danno di terzi estranei al procedimento

Signor Garante,
Desideriamo portare alla sua attenzione i fatti che qui descriviamo, per chiederle di verificare se sia stata violata la normativa sul trattamento dei dati personali e – se si – di adottare i provvedimenti che riterrà più opportuni.
1 – L’antefatto
Nell’ambito di una indagine penale sollecitata da un’associazione rappresentativa dell’industria discografica italiana, e avente ad oggetto un sito internet localizzato presumibilmente in Svezia, “accusato” di contenere una raccolta di link a materiale illecitamente duplicato, con ordinanza del 1 agosto 2008 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bergamo ha disposto il sequestro preventivo del sito thepiratebay.org tramite imposizione agli internet provider italiani di inibire l’accesso al sito in questione, al relativo dominio e al numero IP ad esso associato.

2 – Il fatto
Nella fase di attuazione, questo provvedimento sarebbe stato “messo in pratica”, eccedendo l’ordine del giudice e facendo in modo che i tentativi degli utenti di connettersi al dominio “sequestrato” vengano indirizzati sul numero IP 217.144.82.26, associato a server localizzati in Inghilterra, e apparentemente associato al dominio pro-music.org, un’associazione di discografici che ne tutela marchi e proprietà intellettuale.
Se quanto sopra corrispondesse al vero, allora un’associazione privata, estranea alla giurisdizione italiana, sta raccogliendo dati di navigazione che, una volta incrociati con quelli in possesso degli operatori di accesso, consentirebbero l’identificazione e la possibile denuncia penale di terzi del tutto estranei alle vicende del procedimento bergamasco. Siamo, in altri termini, di fronte a una “variazione sul tema” del “Caso Peppermint” di cui l’Autorità si è già occupata.

3 – Il fondamento di questa segnalazione
Non intendiamo, ovviamente, entrare nel merito dell’indagine penale, che seguirà il suo corso nei modi stabiliti dalla legge.
Ci domandiamo, tuttavia, se sia conforme alla normativa sul trattamento dei dati personali:
a – “sequestrare” una risorsa di rete imponendo a soggetti terzi – gli internet provider – di impedirvi l’accesso, considerato che nel codice di procedura penale non sembra rinvenirsi traccia di una norma che consenta di attuare il sequestro preventivo nei modi stabiliti dall’ordinanza del GIP di cui sopra, traducendosi tale modalità in una illegittima estensione del provvedimento a soggetti estrani al procedimento,
b – consentire che il filtraggio degli accessi a un dominio – quale che sia – possa essere eseguito dirottando gli accessi in questione verso una risorsa di rete al di fuori della giurisdizione italiana, gestita da soggetti privati con uno specifico interesse economico nel procedimento penale, consentendo a questo soggetto di “andare a pesca” di dati di traffico che potranno poi essere utilizzati nei modi più disparati.

4 – Implicazioni per il rispetto dei diritti civili
Lo stato di fatto che abbiamo segnalato – se si dimostrasse effettivamente tale – segnerebbe una gravissima lesione dei diritti civili di cittadini del tutto estranei a un’indagine penale, oltre a stabilire la legittimità di un inaccettabile metodo investigativo (il “sequestro” tramite intercettazione delle richieste di accesso a una risorsa di rete”) che si tradurrebbe in una vera e propria “pistola puntata alla tempia” di chiunque fornisca contenuti anche solo “sgraditi” tramite la rete internet.
Non abbiamo mai avallato forme di illegalità di qualsiasi specie, ma nello stesso tempo abbiamo sempre invocato la necessità del rispetto delle regole nell’applicazione della legge.
Siamo intransigenti sostenitori del principio stabilito dall’art. 27 comma II della Costituzione italiana, che stabilisce la personalità della responsabilità penale e riteniamo barbari e inaccettabili tutti i tentativi di superare questa norma di grande civiltà giuridica, in nome della tutela di interessi economici di parte, come quelli delle lobby del diritto d’autore, che non hanno e non possono avere una posizione di preminenza sui diritti della persona.

Milano, 16 agosto 2008

ALCEI – Il presidente
Andrea Monti