Comunicato ALCEI del 26 novembre 2006

La violenza giovanile e il caso Google: ennesimo pretesto per invocare censura e repressione.

Alcuni minorenni si sono ripresi mentre vessavano un “disabile” e poi hanno pubblicato un filmato della vicenda su Youtube (il servizio, appena acquistato da Google, che consente agli utenti di pubblicare in autonomia i propri video).

Come e’ noto, quell’ignobile comportamento non e’ un “caso isolato”. Ma se il clamore suscitato da un particolare episodio ha portato, da un lato, ad affrontare un grave e diffuso problema di violenza e di malcostume (che non riguarda solo gli adolescenti) accade anche che, in una direzione del tutto diversa, diventi un enessimo pretesto di censura e repressione.

I commenti su questa sciagurata vicenda sono, in parte, indirizzati a temi seri: la responsabilita’ delle famiglie e degli educatori, la crisi dei valori, la diseducazione sociale. Ma, al tempo stesso, e’ stato colto il pretesto (come gia’ in molte altre situazioni nel passato) per invocare e attuare repressione e censura. Del misfatto si “incolpa” l’internet ­ mentre e’ chiaro che la disgustosa idea di mettere online un filmato ha portato all’identificazione dei fatti e dei colpevoli (che altrimenti potrebbero essere rimasti, come in troppi casi, ignoti e impuniti).

La vicenda ha fatto riemergere con prepotenza le richieste di stabilire la responsabilita’ oggettiva dell’internet provider (renderlo, cioe’, automaticamente responsabile delle azioni di chi utilizza i suoi servizi).

Esponenti politici hanno annunciato l’ennesimo disegno di legge (sembra, diretto a ottenere dal minore il “consenso scritto” dei genitori per l’uso della rete) con l’aggravante che, stavolta, e’ stato addirittura aperto un procedimento penale nei confronti dei rappresentanti italiani di Google Inc.

Sarebbe palesemente assurdo se (come interpretato in alcuni dibattiti, articoli di giornale e programmi televisivi) si considerasse “responsabile dei contenuti” un motore di ricerca. Ma, anche se il procedimento contro Google si basasse su fatto che ora e’ proprietaria di Youtube, si tratterebbe di una grave distorsione delle responsabilita’ e di un ennesimo tentativo di repressione che, da un episodio particolare, potrebbe facilmente allargarsi a forme estese di
censura.

Siamo di fronte alla solita inaccettabile ipocrisia di chi invoca (o annuncia di approvare) leggi repressive a “senso unico”, dimenticando che l’Unione Europea e l’Italia hanno gia’ affrontato e risolto il problema della responsabilita’ del fornitore di servizi internet. La direttiva 31/00 recepita in Italia dal decreto legislativo 70/2003 dice chiaramente che non esiste un obbligo generale di sorveglianza preventivo a carico del fornitore di servizi internet. Solo a fronte di un provvedimento esecutivo della pubblica autorita’ e’ possibile rimuovere o renderere indisponibili contenuti o servizi.

(In questo caso, lo staff di Google e’ stato addirittura “piu’ realista del re”, avendo rimosso il video in questione non appena si e’ reso conto della sua presenza e senza aspettare l’intervento delle autorita’).

E’ dunque incomprensibile (se la notizia sara’ confermata) a che titolo la Procura di Milano abbia aperto un provvedimento penale nei confronti dei rappresentanti di Google Italia.

Viceversa, politici e mezzi di informazione fanno finta di non sapere che esistono gia’ precisi obblighi normativi che impongono ai genitori il controllo sull’operato dei minori e stabiliscono la loro
responsabilita’ giuridica sul comportamento dei figli. Ma, con tutta evidenza, si preferisce sfruttare l’occasione per invocare provvedimenti dettati dall’emozione e sbagliati nella sostanza,
piuttosto che affrontare con serieta’ le vere radici del problema.

Fin dal 1996 ALCEI ha denunciato, anche in sede comunitaria, la volgare strumentalizzazione di un tema grave e delicato come quello della protezione dei minori, per fini di mera propaganda politica e interessi di bottega. Strumentalizzazione che si e’ tradotta in leggi che non garantiscono alcuna tutela reale alla persona abusata, ma che, al contrario, consentono abusi di potere e disinformazione. E, quel che e’ peggio, rinforzano pregiudizi culturali e oscurantisti non solo nei confronti delle tecnologie dell’informazione, ma anche, e soprattutto, della liberta’ di opinione e dello Stato di diritto.

ALCEI e’ a disposizione di chi volesse approfondire il tema
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